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Quando nel 1992
l´editore Sellerio pubblicò Il bacio della maestra, facendo conoscere
Cesare De Marchi a un più ampio pubblico di lettori, i critici rivelarono, pur
nell´apprezzamento del libro, una certa perplessità nell´assegnargli una
matrice letteraria. Uno, guardando più al contenuto, mise in evidenza la
malinconia del ricordo; un altro parlò invece di «realismo casto e stilizzato».
Eppure non era difficile vedere che l´occhio infantile, attento e stupito, che
considera i fatti non è né malinconico né realistico. Soltanto l´abbondanza dei
particolari e l´insolita precisione
linguistica del testo possono far pensare a una forma di realismo, e del resto
l´aggiunta dei due aggettivi «casto e stilizzato» sembra confermare quanto poco
il critico stesso che la formulava fosse convinto della propria definizione.       Fin dalla pagina di apertura risalta con assoluta evidenza il soggettivismo
deformante della narrazione; e il fatto stesso che, nell´ultimo capitolo, il
racconto passi bruscamente dalla terza alla prima persona, dovrebbe bastare a
dimostrare che dietro queste pagine non si trova un autore onnisciente e
impersonale che osservi con distacco la vicenda narrata. Benché la voce
narrante non sia quella del protagonista, essa parla comunque in una sorta di
discorso indiretto libero: d´altra parte anche questa finzione viene
abbandonata quando, come si è accennato, la narrazione viene assunta
direttamente dall´adolescente ormai pervenuto alla piena consapevolezza di sé.       I fatti raccontati non
sono mai indipendenti dall´occhio che li osserva e dalla voce che li descrive,
ne subiscono anzi sempre la decisiva influenza: così ad esempio nel capitolo
dedicato al gioco del pallone, dove la palla che sta volando verso la porta rallenta a un tratto
la sua corsa per manifestare a chi legge segni e scalfitture nel cuoio della
superficie. È vero che questa soggettivizzazione potrebbe derivare dall´essere
questo un testo autobiografico (il sottotitolo Scene di una biografia
infantile suggerisce in effetti che si tratta della biografia dell´autore);
resta però il fatto che anche tutte o quasi tutte le altre opere di De Marchi,
da La malattia del commissario a Una crociera sono
caratterizzate da un´analoga soggettivizzazione.
      Un altro tratto
distintivo de Il bacio della maestra è il suo radicale
antisentimentalismo: situazioni che potrebbero dare pretesto a scene
melodrammatiche, sono invece affrontate con freddezza chirurgica: si pensi alla
già citata scena d´apertura, in cui il bambino reagisce con
grande stupore e con uno spontaneo senso di colpa alla notizia della propria
malattia.
      Una volta assunta la
prima persona della narrazione, il protagonista vede nel proprio antisentimentalismo una forma di ribellione e al tempo stesso di liberazione: pensieri, gusti musicali del suo breve passato adesso gli appaiono sdolcinati, e la figura della nonna, cui egli crede di dover attribuire quel suo passato modo di essere e sentire, viene ― non senza sofferenza ― rifiutata.
      Durante una
presentazione De Marchi ha dichiarato che tutta la storia della sua lenta
formazione di scrittore si riassume nella lotta contro il sentimentalismo che
si portava dentro sin dall´infanzia, dalla lettura di De Amicis in particolare
(un passo di Cuore è rievocato nel primo capitolo de Il bacio della
maestra): e che solo dopo la stesura di questa «biografia infantile» ha
avuto la certezza di essersene veramente liberato.
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